Occhiali, lenti a contatto e laser ci aiutano in caso di calo della vista, apparecchi acustici intervengono se invece ci sono problemi con l’udito. Se però si subisce la riduzione o la perdita dell’olfatto, non ci sono dispositivi in grado di compensare il deficit. Ecco perchè è molto importante non solo eseguire una diagnosi tempestiva con la visita otorinolaringoiatrica, per intraprendere un percorso di cura adeguato, ma anche effettuare in modo corretto il processo di riabilitazione dell’olfatto. Infatti, al pari delle fisioterapia dopo un intervento ortopedico, anche l’olfatto può essere allenato per ritornare ai valori normali, o almeno avvicinarvisi, dopo un periodo di iposomia (riduzione parziale dell’olfatto), anosmia (perdita totale) a seguito, per esempio, di un’infezione COVID-19. La metodologia che permette di studiare l’olfatto è l’olfattometria, un test che aiuta lo specialista otorinolaringoiatra e il paziente a individuare il punto di partenza e monitorare i progressi nel recupero della capacità di percepire gli odori. Ne abbiamo parlato con il dottor Federico Leone, otorinolaringoiatra di Humanitas San Pio X.
Olfattometria, perché serve
«L’olfatto viene definito come la capacità di percepire le particelle odorose presenti nell’ambiente attraverso i chemiocettori, delle cellule contenute nella mucosa nasale, che inviano le informazioni al cervello per il riconoscimento e la memorizzazione degli odori – chiarisce il dottor Leone -. Le cause che possono limitare o impedire questa capacità sono varie, ma in generale si riconducono a patologie o disturbi che determinano l’ostruzione delle vie sensoriali nasali che bloccano il processo di percezione e riconoscimento degli odori, come rinosinusiti virali e allergiche o la poliposi nasale. In alcuni casi invece il difetto è funzionale (come accade ad esempio nell’infezione da coronavirus) ed il paziente può effettuare il test di olfattometria, che non è doloroso e non richiede una preparazione particolare, salvo l’accorgimento di non svolgerlo durante l’eventuale fase acuta della patologia. Il test, che ha valore puramente indicativo, può essere ripetuto nelle settimane o mesi successivi con una cadenza variabile, secondo le indicazioni dello specialista e in base al singolo caso per valutare i progressi della riabilitazione».
Come sapere se l’olfatto è allenato
«L’otorino presenta al paziente 12 campioncini da annusare per pochi secondi, utilizzando solo una narice o entrambe – spiega lo specialista -. Ogni boccetta è accompagnata da una scheda con 4 risposte multiple, e il paziente sceglierà l’opzione che ritiene corretta. Il risultato dell’olfattometria viene comunicato subito, senza però svelare le risposte corrette in modo da evitare che, nel caso si debba replicare il test in futuro, la persona risponda “a memoria” e non sulla base degli stimoli olfattivi. L’esito del test è calcolato con criteri statistici e probabilistici anche tenendo in considerazione le variabili che possono influenzare l’esito, come eventuale esposizione (o meno) all’odore in passato e risposte casuali. Inoltre, i parametri con cui si assegna il punteggio sono adattati a seconda di età e genere. Il test di olfattometria ha una durata di circa 30-45 minuti, in quanto tra un campioncino e l’altro bisogna rispettare la fase di wash out, così da evitare di annusare gli odori a distanza temporale troppo ravvicinata e quindi rischiare di confonderli».
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