Se per “i non addetti ai lavori” la rinosinusite è considerata poco più di un banale raffreddore, l’attenzione ricevuta da parte della letteratura medica degli ultimi 20 anni ha contribuito a formare una diversa consapevolezza medica rispetto ad una patologia con implicazioni cliniche molteplici, che necessita di una gestione multidisciplinare, applicata seguendo i moderni concetti di “Medicina di Precisione”. Prevenire l’evoluzione dell’infiammazione da rinite a rinosinusite con o senza poliposi nasale, valutare l’impatto sulle basse vie aeree, predire l’efficacia dei trattamenti è compito che solo più specialisti possono finalizzare nella filosofia di un percorso di diagnosi, trattamento e follow-up personalizzato.
Ne parliamo con il dottor Luca Malvezzi, Responsabile della Unità Operativa di Otorinolaringoiatra di Humanitas San Pio X.
Rinosinusite, approccio multidisciplinare per una terapia personalizzata
La rinite stagionale o perenne, allergica o non allergica è una patologia che non deve essere sottovalutata, come accade per qualsiasi patologia ricorrente o cronica. Il paziente deve essere al centro di un progetto di cura, che consenta di applicare una terapia conforme allo standard of care e adattarla all’eventuale evoluzione in senso peggiorativo. La centralità del paziente favorisce altresì l’aderenza al piano terapeutico condiviso, aspetto critico nella gestione della cronicità. L’approccio multidisciplinare otorinolaringoiatrico, allergo-immunologico e pneumologico è centrale lungo tutto il percorso c.
Rinite, rinosinusite cronica con o senza poliposi nasale e asma, possono rappresentare momenti evolutivi diversi di un’unica patologia che ha come comune denominatore l’infiammazione. Secondo questo importante lavoro pubblicato nel 2020 su Respiratory Medicine, oltre il 40% dei pazienti con asma ha patologia rinosinusale, in particolare la rinosinusite con polipi nasali. Identificare le caratteristiche del processo infiammatorio significa da un lato capire quale sia il profilo immunologico del paziente da trattare, allo stesso tempo valutare possibile compartecipazione delle basse vie respiratorie, predire l’effetto delle cure attuate e prevenire complicanze che possono essere peggiorative della qualità di vita percepita come insegna la Medicina di Precisione.
Terapia: tutte le risorse per respirare meglio
Anche la terapia lavora su più fronti. L’igiene nasale attuata con il semplice lavaggio delle cavità nasali con fisiologica è un “dogma” terapeutico sostenuto da tutte le società di Rinologia. Il lavaggio nasale rimuove allergeni o sostanze irritanti che si depositano sulla mucosa nasale; rimuove il muco in eccesso e lo diluisce facilitando l’auto-igienizzazione caratteristica della mucosa delle alte vie respiratorie (clearance mucociliare). Il cortisone ha una nota azione anti-infiammatoria. Se finalmente oggi abbiamo capito che il suo uso/abuso sistemico è sia inutile quanto dannoso, l’azione locale rappresenta il primo livello di terapia. Quando il controllo dei sintomi non è efficace con il cortisone locale, la chirurgia endoscopica rinosinusale rappresenta lo step successivo. Nota con l’acronimo di FESS (functional endoscopic sinus surgery) non si deve confondere con la sigla, troppo spesso abusata dagli specialisti, una chirurgia che deve essere gestita da chirurghi esperti e che ha finalità precise: creare delle cavità sinusali che incorporino l’ostio naturale; consentire l’adeguata ventilazione sinusale; favorire la clearance mucociliare e favorire la vaporizzazione di terapia locale a significare che solo la combinazioni di strategie porta ad un adeguato controllo dei sintomi.
Nonostante oggi la chirurgia dei seni paranasali sia molto evoluta tecnicamente dalla sua prima descrizione datata 1984, pur anche nelle sue forme più “estreme”, non è seguita dal posizionamento degli antipatici tamponi nasale e può essere condotta con un ricovero giornaliero (Day Hospital).
Le caratteristiche dell’infiammazione, tuttavia, spesso rendono il controllo dei sintomi difficile con terapia steroidea locale e chirurgia. Grazie ad un percorso di sperimentazioni cliniche a cui abbiamo contribuito, negli ultimi anni sono stati immessi sul mercato farmaci che disattivano l’infiammazione in modo selettivo.
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