Di vitamina D si parla molto, sia dentro che fuori gli ambienti clinici e quelli della ricerca scientifica. Quanta ne serve, a cosa serve, da dove si prende, come funziona sono alcune delle domande a cui la scienza cerca di rispondere ogni giorno.
E lo facciamo anche noi con la dottoressa Emanuela Raimondo, ortopedico e responsabile dell’Ambulatorio di osteoporosi di Humanitas San Pio X.
A cosa serve la vitamina D?
La vitamina D ha numerose funzioni, oltre ad essere fondamentale per fissare il calcio nelle ossa, e prevenire il rachitismo nei bambini e l’osteoporosi negli anziani, ha dimostrato di essere utile anche nel controllo dell’infiammazione e dell’attività del sistema immunitario. Si tratta però di una vitamina che, per “funzionare”, deve essere attivata a livello del fegato o dei reni, dove viene immagazzinata per essere rilasciata nell’organismo quando serve.
Come fanno il sole e il cibo a diventare vitamina D?
La vitamina D può essere introdotta dall’esterno, come ergocalciferolo, con alcuni alimenti, e può essere sintetizzata, ovvero prodotta dal nostro organismo nella forma di colecalciferolo, grazie all’azione del sole sulla pelle. Per effetto dell’esposizione ai raggi UVB, la pelle trasforma un grasso simile al colesterolo in provitamina D che passa nel sangue e viene trasportata da una proteina specifica fino al fegato e al rene, dove viene attivata. Nel nostro Paese, la quantità di luce solare necessaria alla sintesi di vitamina D è relativamente poca: durante l’estate, ad esempio, per alcune persone può essere sufficiente esporsi per pochi minuti direttamente al sole (non da dietro una finestra) con le braccia e il volto, per fare la scorta di vitamina D per i mesi invernali. Infatti, proprio perché il corpo rilascia piccole dosi di vitamina D quando è necessario, non sempre e non a tutti serve aumentare l’assunzione di vitamina D, a meno che non sia presente una carenza accertata, come spesso accade nei neonati o negli anziani, ma anche in molti giovani e adulti.
Inoltre, ogni giorno possiamo assumere il 10-20% del fabbisogno giornaliero di vitamina D grazie a un’alimentazione a base di cibi o bevande arricchite a livello industriale, come molti cereali per la prima colazione, oppure mangiando pesci grassi (come salmone, sgombro e aringa), il tuorlo d’uovo e il fegato. Una volta assunto il cibo, la vitamina D viene assorbita a livello intestinale e trasportata al fegato, insieme agli altri nutrienti, per essere attivata.
Quanta vitamina D serve e cosa succede se è troppa?
L’agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha recentemente aggiornato le indicazioni relative al trattamento per la carenza di vitamina D negli adulti di età superiore a 18 anni. Le indicazioni per la prescrizione gratuita della vitamina D come integratore, si riferiscono principalmente a persone adulte con grave carenza di questa vitamina oppure gravi problemi per la salute delle ossa (osteoporosi). Infatti, sebbene alcuni studi abbiano evidenziato la diffusa carenza di vitamina D, tuttavia il valore considerato a rischio è di molto inferiore a quello riscontrato nella popolazione generale. Nello specifico, valori di vitamina D rilevati nel sangue inferiori a 10ng/ml indicano la necessità di prescrivere un’integrazione di vitamina D secondo le indicazioni fornite dal medico, che possono variare da persona a persona.
In tutti gli altri casi, è bene notare, che assumere dosi elevate di vitamina D, ovvero assumere integratori di vitamina D quando non sono necessari, può risultare tossico.
La tossicità da eccesso di vitamina D può dare sintomi quali perdita dell’appetito, nausea, vomito, debolezza e nervosismo, crampi muscolari, ed è sempre associata ad un eccessivo accumulo di calcio a livello tissutale.
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