La chirurgia mini-invasiva è il trattamento principale del tumore dell’utero, considerato come terapia standard nella maggior parte dei casi. L’intervento mini-invasivo per i tumori dell’utero si esegue, in genere, con tecnica laparoscopica o robotica.
Approfondiamo l’argomento con il Professor Fabio Martinelli, responsabile dell’Unità Operativa di Ginecologia Oncologica Chirurgica di Humanitas San Pio X.
Qual è l’intervento per il tumore dell’utero?
Il trattamento standard del tumore dell’utero/endometrio prevede l’asportazione dell’utero (isterectomia), delle tube (salpingectomia) e delle ovaie (ovariectomia), salvo in casi selezionati, e dei linfonodi sentinella. Ulteriori o differenti procedure chirurgiche vengono riservate a casi specifici, previa valutazione multidisciplinare e colloqui informativi con la paziente. In generale, l’approccio chirurgico ai tumori dell’utero è di tipo mini-invasivo, ovvero viene effettuato con tecnica laparoscopica o robotica, nella maggioranza dei casi (oltre il 95%).
L’intervento mini-invasivo per i tumori dell’utero prevede l’esecuzione di alcune incisioni di pochi millimetri sull’addome, per permettere l’introduzione di una telecamera ad alta definizione che serve all’esplorazione della cavità addominale, e di strumenti miniaturizzati necessari per procedere all’intervento. Per permettere una adeguata visualizzazione e studio dell’utero e degli organi circostanti, prima di procedere all’intervento vero e proprio, l’addome deve essere “gonfiato” con una quantità standard di anidride carbonica (CO2), un gas inerte e innocuo, che permette di distendere e quindi migliorare la visibilità dell’area su cui è necessario intervenire. Sul lettino operatorio, la paziente viene posizionata in Trendelemburg, ovvero con il bacino più in alto rispetto alla testa. Questa posizione si impiega per favorire la dislocazione degli organi addominali verso il diaframma, liberando così la pelvi.
Come si effettua l’intervento per il tumore dell’utero?
Nella chirurgia mini-invasiva per il tumore dell’utero, durante la procedura laparoscopica o robotica, l’utero, le tube, le ovaie e i linfonodi sentinella vengono asportati ed estratti per via vaginale, salvo in casi di anomalie o di dimensioni sproporzionate dell’utero. La rimozione e asportazione di questi tessuti e organi deve essere effettuata da mani esperte: infatti, fondamentale è l’estrazione dei pezzi anatomici integri al fine di consentire all’anatomo-patologo una adeguata valutazione per una corretta stadiazione della malattia. Infatti, dalla valutazione anatomopatologica derivano le informazioni per definire l’eventuale necessità di ulteriori trattamenti, come radioterapia e/o terapia medica.
Una volta terminata la parte dell’intervento che riguarda la resezione e asportazione degli organi e tessuti malati, la cupola vaginale viene richiusa con punti di sutura per ristabilire l’integrità anatomica della vagina.
Quali sono i tempi di recupero dopo l’intervento?
L’approccio mini-invasivo permette un rapido recupero post-operatorio. In genere, sulla base delle condizioni della donna, a poche ore dall’intervento la paziente può riprendere ad alimentarsi e camminare. Il dolore post operatorio viene gestito con la somministrazione di analgesico ad orari predefiniti, ma è sempre possibile richiedere ulteriori analgesici in caso di necessità e previa valutazione del medico. Raramente sono necessari più di 2 giorni di ricovero ed è possibile tornare a casa anche prima evitando di sottoporsi a sforzi intensi, inclusa l’attività sessuale per circa 1 mese, in modo da permettere la cicatrizzazione delle ferite e della cupola vaginale.
Alcune donne possono aver bisogno di un tempo di recupero più lungo e di supporto psicologico dopo l’intervento di isterectomia per tumore dell’utero. In questi casi, è bene parlarne con il proprio medico o con il ginecologo di riferimento in modo da ottenere un adeguato supporto professionale.
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