L’esecuzione di un semplice elettrocardiogramma (ECG) a pochi giorni dalla nascita, può individuare patologie cardiache minacciose per il neonato e ridurre anche il rischio di SIDS, la sindrome della morte in culla. Ne parliamo con gli specialisti dell’unità operativa di Cardiologia di Humanitas San Pio X.
«Pur in presenza di una progressiva diminuzione della natalità, i problemi cardiologici neonatali rappresentano un problema sanitario rilevante – dicono gli esperti di cardiologia -. Negli ultimi anni sono stati fatti molti passi avanti con l’obiettivo di offrire a mamma, feto e neonato il miglior trattamento possibile. Tuttavia sfuggono almeno il 20% delle gravide, in gran parte extracomunitarie, che per tutta la durata della gestazione non si sottopongono ad alcun accertamento clinico strumentale.
Lo screening elettrocardiografico effettuato al mese di vita del neonato si è dimostrato uno strumento utile nella diagnosi e prevenzione di alcune cardiopatie congenite silenti sfuggite allo screening prenatale e alla clinica dei primi giorni di vita, nell’identificazione delle aritmie e nella diagnosi delle anomalie elettriche a elevato rischio di aritmie minacciose come la sindrome del QT lungo, un disturbo geneticamente trasmesso del ritmo cardiaco che si manifesta con sincopi ricorrenti o arresto cardiaco improvviso conseguente a una tachicardia scatenata da stress emotivo, sforzo fisico o dal sonno».
Sindrome della morte in culla: l’ECG per prevenirla
In molti casi, anche le morti legate alla sindrome della morte improvvisa infantile (SIDS) si potrebbero evitare con un elettrocardiogramma.
«La disponibilità odierna di terapie efficaci per diagnosticare e trattare adeguatamente i piccoli bambini a rischio – continuano i cardiologi – non giustifica la mancata diagnosi e l’esistenza di pazienti identificati e non adeguatamente trattati. A ciò va aggiunta l’evidenza che in alcune morti improvvise del lattante classificate come SIDS, era stato dimostrato in precedenza un allungamento dell’intervallo QTc. Ovviamente l’ECG deve sempre essere inserito in un contesto clinico e familiare, e un elettrocardiogramma patologico al primo riscontro non significa necessariamente malattia, così come al contrario un ECG completamente normale può associarsi a diversi tipi di difetti congeniti e all’intero spettro delle aritmie»
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