Gonfiore e dolore addominale, diarrea, stipsi, crampi, stanchezza e debolezza: tutte queste condizioni spesso rendono spiacevole la vita delle persone, in particolare delle giovani donne. «In molti casi, questi sintomi possono essere causati dalla sindrome del colon irritabile (IBS) – spiega il dottor Marco Dal Fante, responsabile di gastroenterologia ed endoscopia di Humanitas San Pio X -, ma diagnosticarla può non essere semplice. Infatti, per accertarsi che si tratti di questa patologia sono necessari scrupolosi esami diagnostici, finalizzati ad escludere che si tratti di altre problematiche con cui spesso la sindrome del colon irritabile viene confusa».
IBS: perché affidarsi al gastroenterologo
Sintomi generici, anche molto diversi da persona a persona, sono il motivo per cui la diagnosi di sindrome di colon irritabile richiede necessariamente la visita con lo specialista gastroenterologo. «Dalla diagnosi dipende la soluzione del problema con la terapia adeguata – precisa l’esperto -. La diagnosi di questa sindrome deve rispondere a determinati criteri diagnostici internazionali stilata da esperti:
- i sintomi (dolore e gonfiore addominale) devono essere comparsi almeno da 6 mesi ed essersi manifestati per almeno 3 giorni al mese negli ultimi 3 mesi
- i sintomi devono essere legati all’evacuazione, come diarrea o stipsi.
Talvolta, però, la presenza di questi sintomi può essere associata anche a ansia, stress, depressione, emicrania, cistiti, e quindi arrivare alla diagnosi, e poi alla terapia, può richiedere tempi lunghi».
Quali sono gli esami da fare?
Per confermare la diagnosi di sindrome del colon irritabile è necessaria la colonscopia, richiesta dal gastroenterologo durante la visita, che consente di osservare l’interno del tratto intestinale. «Oggi, grazie alla TC colonscopia che si serve della tomografia, è possibile eseguire l’esame diagnostico anche senza la sonda endoscopica – sottolinea l’esperto -. Tuttavia, la colonscopia tradizionale ritorna ad essere necessaria in caso non venga risolto il dubbio diagnostico. Anche gli esami del sangue per la celiachia e il Breath test al lattosio, o test del respiro, possono essere eseguiti per completare la diagnosi ed escludere che ci siano queste patologie a scatenare la sindrome del colon irritabile».
La terapia: stile di vita nuovo, oltre a farmaci specifici
Come la diagnosi, anche la terapia varia molto da persona a persona, e può essere consigliata solo dopo un’attenta valutazione del gastroenterologo. «Vale sempre la raccomandazione di evitare le terapie fai-da-te che possono aumentare i disturbi anzichè dare sollievo – conclude il dott. Dal Fante -. In generale, oltre alla terapia per la gestione dei sintomi specifici, viene consigliato anche di adottare uno stile di vita sano (dieta, idratazione, sport), eliminare alimenti e bevande fermentative, assumere probiotici e, in alcuni casi, possono aiutare anche le terapie “non convenzionali” come terapia cognitivo-comportamentale, tecniche di rilassamento».
Visite ed esami
-
2.3 milioni visite
-
+56.000 pazienti PS
-
+3.000 dipendenti
-
45.000 pazienti ricoverati
-
800 medici