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Neoplasie Del Colon-Retto


Il termine “tumori del colon-retto” (CRC) comprende le neoplasie del colon, del retto, della giunzione retto-sigmoidea e dell’ano. Si tratta di tumori ad elevata incidenza nel mondo occidentale, il cui rischio di mortalità è secondo al tumore al polmone nei maschi, a quello della mammella nelle femmine. Il rischio generico per cancro colo-rettale in Italia è sostanzialmente correlato all’età: infatti, raro fino ai 40 anni, ove spesso è associato ad una componente genetica, aumenta progressivamente fino a raggiungere il picco verso i 70 anni.

Qual e’ la causa?

La maggior parte dei tumori del colon deriva dalla trasformazione in senso maligno dei cosiddetti “polipi” di natura adenomatosa o ghiandolare, ovvero di piccole escrescenze rilevate della mucosa, di per sé inizialmente benigne, dovute al proliferare delle cellule della mucosa intestinale stessa. Il polipo può essere definito, in base alle sue caratteristiche morfologiche, in:

  • sessile, con la base piatta
  • peduncolato, attaccato alla parete intestinale mediante una specie di picciuolo

Sono a rischio di malignità solo i polipi adenomatosi, mentre i cosiddetti polipi iperplastici (cioè caratterizzati da una mucosa a rapida proliferazione) e quelli  amartomatosi (detti anche polipi giovanili e polipi di Peutz-Jeghers)  non hanno invece  potenziale maligno.

E’ possibile, anche se poco frequente, che una neoplasia origini direttamente dalla mucosa senza la preventiva crescita come polipo, ed allora apparirà come un nodulo oppure come una ulcerazione “a coccarda” della mucosa generalmente fragile e facilmente sanguinante anche spontaneamente.

A determinare la malattia neoplastica concorrono altre cause, tra cui:

  • fattori nutrizionali: dieta povera in fibre da verdure e frutta, e ricca di carni, insaccati, grassi animali
  • fattori genetici: le poliposi adenomatose ereditarie tra cui l’adenomatosi poliposa familiare o FAP, la sindrome di Gardner e quella di Turcot e quella che viene chiamata carcinosi ereditaria del colon-retto su base non poliposica – detta anche HNPCC o sindrome di Lynch)
  • fattori non ereditari quali l’età: l’incidenza è 10 volte superiore  dopo i 60 anni rispetto a coloro che hanno 40 anni
  • malattie infiammatorie croniche intestinali: la rettocolite ulcerosa di lunga durata soprattutto e, secondo studi recenti, anche il morbo di Crohn
  • storia clinica passata di polipi del colon o di un pregresso tumore del colon retto

Da cosa dipende l’evoluzione da polipo a tumore?

La probabilità che un adenoma del colon evolva verso una forma invasiva di cancro dipende da:

  • il tempo che ha avuto a disposizione per crescere e per dare luogo a fenomeni di trasformazione (displasia)
  • dalla dimensione che il polipo ha potuto raggiungere: la probabilità di trovare focolai neoplastici nel contesto del polipo è minima per dimensioni inferiori a 1 cm, modesta per dimensioni 1-2,5 cm, mentre diviene significativamente   elevata per dimensioni del polipo maggiori di 2,5 cm

Una volta trasformatasi in tessuto carcinomatoso, la mucosa patologica può sostituire tutto il polipo e poi infiltrare la parete del viscere. Da ciò si può ben comprendere l’importanza di eliminare i polipi prima che possano trasformarsi in lesioni maligne, evitando l’insorgenza della neoplasia del colon.

Quali sono i sintomi?

I polipi, precursori benigni del carcinoma, non determinano generalmente sintomi se non raggiungono dimensioni considerevoli così da determinare ostruzione al transito: è invece frequente la presenza di sangue occulto nelle feci, in completo benessere.

La neoplasia conclamata invece determina sintomi diversi a seconda della sede ove sia localizzata:

  • nel colon sinistro da luogo più facilmente a disturbi ostruttivi che si traducono in irregolarità dell’alvo, dolori che si riducono con l’evacuazione o l’emissione di gas, sanguinamento  macroscopicamente evidente, calo ponderale, astenia; il progredire della malattia può a volte portare all’occlusione intestinale
  • nei segmenti prossimali (cieco, colon ascendente e trasverso) si manifestano soprattutto perdite di sangue (anemizzazione), dimagramento e astenia, mentre meno frequenti sono i disturbi ostruttivi dato che le feci in tali distretti sono generalmente più liquide
  • nel colon destro: non è infrequente la diagnosi di neoplasia del colon destro in seguito a rilevamento di reperto palpatorio di una tumefazione addominale o dal riscontro di secondarismi epatici.

Come si effettua la diagnosi?

Gli accertamenti diagnostici vengono guidati dalla valutazione dei segni e sintomi emergenti. Oltra a un’accurata visita clinica, la diagnosi si avvale anche di:

  • esplorazione rettale (durante la visita)
  • ricerca del sangue occulto nelle feci, test che si basa sul presupposto che le neoplasie maligne e i polipi sanguinano più facilmente della mucosa normale, e che quindi la scoperta del sangue occulto nelle feci porta alla diagnosi in una fase precoce della malattia
  • clisma opaco con doppio mezzo di contrasto o la retto-sigmoidoscopia
  • colonscopia con biopsia. Recentemente la colonscopia virtuale che utilizza le immagini acquisite mediante la TAC-multistrato (tomografia computerizzata) per ottenere informazioni sulle strutture interne del colon è un esame che può essere utile nella diagnosi delle malattie del colon.

In caso di diagnosi di tumore, la TAC addomino-pelvica è utile per una stadiazione clinica preoperatoria relativamente alla estensione locoregionale e alla valutazione della presenza di metastasi, come follow-up a distanza.

Come si cura?

I polipi benigni del grosso intestino vengono asportati per via endoscopica. La rimozione si considera radicale quando i margini sono liberi da infiltrazioni. In caso di non sicura radicalità il paziente verrà avviato alla chirurgia convenzionale.

L’intervento chirurgico è fondamentale per il trattamento di tutti i tumori primitivi del grosso intestino. L’obiettivo è l’eradicazione di tutta la malattia macroscopicamente individuabile. Altre modalità terapeutiche sono poi necessarie per eliminare residui microscopici di malattia tanto a livello locale quanto a livello sistemico (radioterapia e chemioterapia).

L’integrazione di queste tre modalità terapeutiche avviene tuttavia in modo diverso per i tumori del colon fino al retto superiore rispetto a quanto avviene per i tumori del retto extraperitoneale. Questi ultimi sono infatti caratterizzati da una diversa storia naturale, in particolare da una incidenza nettamente superiore di recidive locali rispetto ai tumori dei distretti intestinali più a monte.

E’ necessario fare qualche terapia oncologica prima dell’intervento?

I tumori del colon-retto seguono trattamenti e fasi di cure diversi. Infatti, la scelta delle modalità terapeutiche da impiegare (chirurgia, radioterapia, chemioterapia) e del timing per la loro integrazione dipende dallo stadio del tumore.

In caso di tumore primitivo del colon al di sopra della riflessione peritoneale si effettua prima l’intervento chirurgico, poi la visita oncologica, una volta effettuata la stadiazione completa del tumore, per valutare la necessità di un trattamento chemioterapico complementare.

In caso di tumori del retto extraperitoneale, si effettua prima una valutazione multisdisciplinare collegiale con chirurgo, radioterapista e oncologo medico, possibilmente supportata da gastroenterologo e radiologo, e poi l’intervento chirurgico. Vista la maggiore incidenza di recidive locali, il rischio di sacrificio dello sfintere anale e la peggior prognosi globale, richiede in genere un trattamento radiante o chemioradiante complementare che può seguire e/o precedere l’intervento chirurgico.  

Quando si effettua l’intervento chirurgico?

Circa l’80% dei pazienti nei quali viene diagnosticato un tumore del colon-retto è sottoposto a intervento chirurgico perchè, nella grande maggioranza di casi offre le maggiori possibilità di cura. La chirurgia del carcinoma del colon-retto si può effettuare secondo varie tecniche chirurgiche, in urgenza o in elezione (intervento programmato), che variano a seconda di:

– età del paziente

– condizioni generali

– patologie associate (comorbidità)

– complicanze

– definizione diagnostica della neoplasia (stadiazione, dimensioni, metastasi)

Intervento in urgenza. Specie negli anziani che hanno a lungo sottovalutato o ignorato i sintomi della neoplasia, la neoplasia si manifesta in urgenza con una delle sue complicanze tipiche: l’occlusione intestinale, la peritonite da perforazione, l’emorragia massiva. L’intervento chirurgico d’urgenza può essere orientato a:

  1. risolvere unicamente la complicanza, rinviando la cura della neoplasia
  2. curare contemporaneamente la complicanza e la neoplasia

Premesso che in urgenza non vi è possibilità di attuare alcuno schema di preparazione intestinale, ma che è invece imperativo provvedere al riequilibrio idro-elettrolitico, proteico ed eritrocitario, alla copertura antibiotica, alla profilassi antitromboembolica dove possibile, le possibilità operatorie variano a seconda del caso.

Intervento in elezione. La scelta del tipo di intervento varia in base alla sede del tumore e al suo stadio, nonché all’età del paziente e alle sue condizioni generali. In assenza di metastasi e di comorbilità (altre patologie) di rilievo, lo scopo dell’intervento è l’asportazione completa della neoplasia primitiva e del suo bacino di drenaggio linfatico di primo e secondo livello. In presenza di metastasi non resecabili, metastasi epatiche resecabili o di comorbilità significativa, la scelta della resezione del tumore primitivo fa seguito ad una valutazione collegiale insieme all’oncologo per valutare la miglior strategia e sequenza terapeutica, soprattutto allo scopo di prevenire le complicanze e, ove possibile, di evitare una stomia. In tutti gli altri casi,  asportazione completa della neoplasia primitiva e del suo bacino di drenaggio linfatico è l’obiettivo.

Come vengono effettuati gli interventi?

L’intervento chirurgico nel carcinoma del colon-retto può essere effettuato per via chirurgica tradizionale oppure per via mini-invasiva laparoscopica o chirurgia robotica.

Presso Humanitas San Pio X gli interventi di chirurgia colon-rettale vengono condotti nel 96% dei casi con tecnica mini-invasiva laparoscopica/robotica

Qualunque sia la via chirurgia scelta, in letteratura, sono riportati risultati tecnici simili a quelli della chirurgia tradizionale, specie riguardo alla radicalità e al numero dei linfonodi asportati, alle recidive a distanza e alla sopravvivenza del paziente. Nel cancro del colon non metastatizzato, la colectomia laparoscopica è risultata più efficace in termini di morbidità, durata della degenza, ricorrenza tumorale e sopravvivenza rispetto alla colectomia a cielo aperto.