Il 27 maggio si è tenuto in Humanitas San Pio X il convegno multidisciplinare su una patologia di spalla che ha registrato un aumento dei casi nel periodo della pandemia: la capsulite adesiva, una patologia di spalla nota anche come frozen shoulder.
«Durante la pandemia di COVID-19 sono aumentate di quasi il 40% le diagnosi di capsulite adesiva – spiega il dottor Andrea Lisai, ortopedico specialista in chirurgia della spalla di Humanitas San Pio X e direttore scientifico del Convegno -, tanto che ci siamo interrogati su una possibile connessione con SARS-CoV-2. Infatti, come è ormai noto, oltre ai sintomi respiratori, la malattia COVID-19 ha effetti indiretti associati a una tempesta di citochine, molecole dell’infiammazione, che coinvolge tutto il nostro organismo, compreso il sistema muscoloscheletrico. Inoltre, a causa dell’inattività durante il lockdown e alla sospensione di molte terapie definite non urgenti, pazienti con preesistente tendinopatia non hanno potuto iniziare o proseguire la fisioterapia o le infiltrazioni.
Della capsulite adesiva conosciamo i principali fattori di rischio, ma persistono ancora zone d’ombra circa i reali meccanismi di sviluppo della malattia. Allo stesso modo, non esiste un protocollo terapeutico universalmente condiviso. Per tutti questi motivi abbiamo voluto parlare di questa malattia multifattoriale che colpisce prevalentemente le donne, cercando di indagare le sue cause sotto vari punti di vista.
La capsulite adesiva, infatti, può essere riconducibile a varie condizioni, come ad esempio uno squilibrio immunologico, biomeccanico, ormonale, infiammatorio, che porta a un’infiammazione cronica e alla successiva fibrosi che porta la spalla a “congelarsi” e bloccarsi del tutto. Ma, insieme a questi fattori, la capsulite adesiva può essere al tempo stesso influenzata da uno stato depressivo o da ansia.
Infatti, se in periodi non di pandemia, le persone con diagnosi di spalla congelata che soffrono di ansia e depressione sono circa il 4% dei pazienti, nel corso della pandemia abbiamo visto un aumento importante, evidenziando il fatto che la capsulite adesiva non va trattata solo come disturbo ortopedico ma anche con un approccio psicologico.
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