I nei (o nevi) sono tumori benigni del melanocita, la cellula che produce il pigmento della pelle, mentre il melanoma è il tumore maligno.
Con il contributo del dottor Luigi Mascheroni, medico dell’Unità Operativa di Chirurgia Generale di Humanitas San Pio X, proviamo a capire che cos’è la biopsia del linfonodo sentinella e perché è così importante quando si parla di melanoma.
“Mentre dal punto di vista diagnostico la dermatoscopia è l’esame che permette una diagnosi veramente precoce, dal punto di vista chirurgico un grande aiuto alla “prevenzione” viene fornito dalla biopsia del linfonodo sentinella. Questa tecnica è particolarmente indicata nel melanoma sia perché è un tumore cutaneo, sia perché ha una particolare predisposizione a diffondersi per via linfatica”.
A cosa serve la biopsia del linfonodo sentinella?
“Lo scopo è quello di individuare la presenza anche di poche cellule all’interno del linfonodo più vicino alla sede d’insorgenza della neoplasia cutanea, prima che questo si manifesti clinicamente. È così possibile individuare la metastasi linfonodale almeno due anni prima che si presenti clinicamente, con gli evidenti vantaggi dal punto di vista prognostico”, spiega il dottor Mascheroni.
Le sedi anatomiche del linfonodo sentinella sono nella gran parte localizzate alle regioni inguinale, ascellare e del collo.
Come si svolge la procedura?
“La tecnica chirurgica non è particolarmente complessa, ma molto delicata e particolare: occorre asportare uno o più linfonodi fra i tanti presenti nella regione anatomica interessata, facendo attenzione a preservare vasi sanguigni e nervi.
Il linfonodo sentinella viene localizzato grazie a una particolare sonda che identifica la presenza di un liquido a bassa radioattività iniettato poche ore prima dell’intervento chirurgico in medicina nucleare (con un esame che si chiama linfoscintigrafia); liquido che si concentra all’interno del linfonodo. Per avere ancora più certezze poco prima dell’intervento viene iniettato un colorante vitale (Patent blueV) specifico per i linfonodi. In questo modo l’intervento chirurgico risulta poco invasivo e particolarmente efficace.
La presenza di anche solo poche cellule di melanoma documentata dall’esame istologico, permette di intervenire di nuovo chirurgicamente in maniera radicale asportando tutti i linfonodi della stazione locoregionale interessata. La diagnosi precoce e la terapia chirurgica in una fase pre-clinica permettono di ottenere il controllo della malattia in più del 90% dei melanomi”, conclude il dottor Mascheroni.
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