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Conflitto femoro-acetabolare: cos’è e come si cura?

Il conflitto femoro-acetabolare è una patologia dell’anca comune nelle persone giovani e sportive per lo più di sesso maschile che può portare all’usura della cartilagine e all’artrosi precoce. Alcuni sintomi sono spesso sottovalutati dai pazienti o confusi con la pubalgia. In molti casi, rivolgersi precocemente all’ortopedico per le cure adeguate può aiutare a prevenire la degenerazione in artrosi dell’anca.

Approfondiamo l’argomento con il dottor Pierantonio Gardelin, ortopedico di Humanitas San Pio X. 

Cos’è il conflitto femoro-acetabolare?

Il conflitto femoro-acetabolare, chiamato anche impingement femoro-acetabolare o FAI, è una condizione in cui, a causa della presenza di malformazioni ossee, avviene uno sfregamento anomalo tra la testa del femore e l’acetabolo, la cavità ossea del bacino in cui alloggia la testa del femore. In condizioni fisiologiche, testa del femore e acetabolo non entrano in contatto durante i movimenti, grazie alla presenza della cartilagine di rivestimento delle ossa che consente movimenti fluidi e senza attrito. In presenza di conflitto femoro-acetabolare, le malformazioni ossee portano a un contatto precoce e ripetuto, danneggiando progressivamente la cartilagine articolare e, nel tempo, favorendo lo sviluppo di artrosi

È importante sottolineare che il conflitto femoro-acetabolare è una causa frequente di artrosi dell’anca, responsabile di circa il 70% dei casi, ma non tutte le persone che soffrono di conflitto femoro-acetabolare la sviluppano. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le anomalie ossee alla base del conflitto femoro-acetabolare non sono presenti alla nascita, ma si sviluppano durante la crescita dello scheletro e la forma definitiva dell’anca si stabilizza dopo l’adolescenza. Dal punto di vista clinico si distinguono due principali tipologie di conflitto femoro-acetabolare: 

  • il tipo “cam“, caratterizzato da una testa del femore con una forma non sferica (più simile a un uovo)
  • il tipo “pincer“, in cui l’acetabolo risulta più profondo del normale, “stringendo” eccessivamente il collo del femore. 

Quali sono i sintomi del conflitto femoro-acetabolare?

I sintomi del conflitto femoro-acetabolare possono inizialmente essere subdoli e facilmente confondibili con altre problematiche, come una semplice pubalgia. Tuttavia, è fondamentale non sottovalutarli, poiché rappresentano i primi segnali di un’alterazione che, a lungo andare, può compromettere seriamente la funzionalità dell’anca. Il sintomo principale è il dolore all’anca, al gluteo o all’inguine che si manifesta tipicamente dopo l’attività sportiva, e la limitazione funzionale, in particolare nei movimenti di flessione e intrarotazione dell’anca, che risultano più rigidi e difficoltosi.

Quando compare l’artrosi, il dolore aumenta di intensità soprattutto all’inizio del movimento, ad esempio quando si alza da una sedia, mentre si allevia temporaneamente durante l’attività. Tuttavia, con il riposo e la diminuzione del movimento, il dolore, anche di notte, e la limitazione del movimento possono essere presenti nelle fasi più avanzate dell’artrosi, rendendo difficoltose azioni quotidiane come piegarsi per indossare le calze e le scarpe o entrare e uscire dall’automobile. 

Come si diagnostica e si cura l’impingement femoro-acetabolare?

La diagnosi del conflitto femoro-acetabolare inizia con la visita ortopedica e l’Rx dell’anca che permette di identificare eventuali anomalie, mentre la risonanza magnetica (RM) è utile per valutare lo stato della cartilagine articolare e delle altre strutture dell’anca come il labbro acetabolare. Una volta confermata la diagnosi di impingement femoro-acetabolare, il tipo di conflitto e il grado di danno alla cartilagine, l’ortopedico valuta il tipo di terapia. Quando l’articolazione non è già compromessa dall’artrosi, il trattamento chirurgico può prevedere l’artroscopia dell’anca, una tecnica mini-invasiva durante la quale il chirurgo può rimodellare le anomalie ossee, “limando” le sporgenze che causano l’attrito, e riparando eventuali piccole lesioni.  

Quando l’articolazione è gravemente compromessa dall’artrosi, il chirurgo può valutare la sostituzione dell’intera articolazione con una protesi d’anca. Per le persone sportive, l’intervento può prevedere l’impianto di protesi di rivestimento che permettono al paziente di riprendere la propria attività sportiva raggiungendo le performance di prima dell’artrosi.

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