La tiroidite di Hashimoto rientra tra le patologie tiroidee più diffuse, ma dalle cause ancora poco note, e si manifesta con un’infiammazione cronica della ghiandola.
Colpisce prevalentemente le donne e, sebbene clinicamente possa essere molto variabile, l’evoluzione nella maggior parte dei casi è caratterizzata da una graduale e lenta progressione verso l’ipotiroidismo clinico, che avviene con un variabile periodo di latenza (talora anche di anni).
La patologia può colpire anche le donne in gravidanza e l’insorgenza di ipotiroidismo in questa fase, se non tempestivamente trattato, può aumentare le probabilità di aborto spontaneo, di parto prematuro e interferire con la crescita del feto e lo sviluppo del cervello.
Per saperne di più su questa patologia, abbiamo intervistato la dottoressa Eriselda Profka, specialista in Endocrinologia in Humanitas San Pio X.
Che cos’è la tiroidite di Hashimoto?
Nota anche come tiroidite cronica linfocitaria, è una malattia autoimmune della tiroide ed è la causa più comune di ipotiroidismo (condizione che si verifica quando la tiroide non produce abbastanza ormone tiroideo per il fabbisogno dell’organismo) negli adulti. In alcuni casi la patologia si può associare anche alla presenza di gozzo (aumento del volume della ghiandola), anche se frequentemente la ghiandola può essere di volume normale o ridotto
Chi colpisce maggiormente?
La patologia può manifestarsi a tutte le età ed in entrambi i sessi, anche se predilige il sesso femminile e cresce di frequenza con l’aumentare dell’età.
Quali possono essere le cause della tiroidite di Hashimoto?
Le cause alla base della tiroidite di Hashimoto sono ancora poco chiare. Come tutte le patologie autoimmuni, l’eziopatogenesi è plurifattoriale, in quanto si manifesta in soggetti geneticamente suscettibili sotto l’influenza di fattori ambientali.
Si sa che questa malattia è caratterizzata da una certa familiarità e spesso può associarsi ad altre patologie autoimmuni endocrinologiche (quali, per esempio, il diabete di tipo 1, la malattia di Addison) e non (come la celiachia o la vitiligine).
Quali sono i principali sintomi?
La clinica della tiroidite di Hashimoto è molto variabile e può manifestarsi con alterazione del volume (gozzo o atrofia) e/o alterazione della funzione della ghiandola.
La tiroidite di Hashimoto spesso nella fase iniziale può essere asintomatica ma, con la progressione del processo distruttivo tiroideo, i sintomi appaiono sempre più evidenti, fino a raggiungere livelli di ipotiroidismo conclamato. Questa condizione è caratterizzata dalla presenza di: astenia, depressione, aumento ponderale, sensibilità spiccata al freddo, caduta dei capelli (che diventano più fragili), pelle secca, crampi muscolari, alterazioni del ritmo e della quantità del ciclo mestruale, aumento del colesterolo, difficoltà di concentrazione, ansia, debolezza muscolare.
Come viene diagnosticata la tiroidite di Hashimoto?
La diagnosi si basa sugli esami del sangue (dosaggio degli ormoni tiroidei TSH, FT3, FT4 e quello degli anticorpi antiTPO e antiTG), sull’ecografia tiroidea per esaminare la morfologia ghiandolare e per evidenziare la presenza o meno di noduli.
Quali complicanze può dare la patologia in età fertile?
La tiroidite di Hashimoto nei casi di ipotiroidismo può determinare alterazioni del flusso mestruale (che potrebbero essere causa di anemie importanti) e aumentare il rischio di abortività e sterilità.
L’ipotiroidismo non riconosciuto in gravidanza può essere anche causa di un’ipo-evolutività del feto specie a livello neurologico; pertanto, è molto importante controllare la corretta funzionalità tiroidea all’inizio di una gravidanza per intraprendere, nel caso, la terapia appropriata.
Come si cura la patologia?
Di per sé non richiede alcun trattamento specifico se la funzione tiroidea risulta nella norma; semplicemente, viene monitorata la sua progressione.
La terapia farmacologica (principalmente la L-tiroxina) è indicata, invece, nei pazienti con ipotiroidismo franco, con ipotiroidismo subclinico (ossia con livelli di ormoni liberi ancora nella norma e senza sintomi) con TSH superiore a 10 U/L o nelle pazienti con ipotiroidismo subclinico in corso di gravidanza o in previsione di una gravidanza.
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