E’ sotto gli occhi di tutti: del nuovo coronavirus sappiamo già più di quando è scoppiata l’epidemia, ma restano ancora aperte delle domande che, come dice il professor Alberto Mantovani, Direttore scientifico di Humanitas e professore emerito di Humanitas University intervistato in alcune trasmissioni radio e televisive, ricercatori e medici si pongono «di fronte al letto del paziente, e per questo è fondamentale fare Ricerca per rispondervi».
«Abbiamo fatto progressi nel comprendere questo virus, tuttavia SARS-CoV-2 continua a rimanere un nemico ancora da scoprire dal punto di vista scientifico e come comunità. Ciò che sappiamo e conosciamo in più rispetto alle fasi iniziali è come si diffonde, ovvero la sua epidemiologia, e la sua struttura, cosa che ci ha permesso di identificare quelli che vengono chiamati bersagli molecolari necessari per trovare e realizzare vaccini. Resta invece da chiarire e stiamo cercando di verificare, se e come il virus attivi “un fuoco amico”, ovvero una risposta immunitaria che paradossalmente crea un danno all’organismo. Infine, ed è tra le domande a cui come scienziati stiamo cercando di rispondere, non sappiamo se le mutazioni del virus finora identificate cambino anche la sua capacità di sviluppare l’infezione, ovvero quella che in termini medici viene chiamata patogenicità».
Donne, bambini, anziani: cosa sappiamo?
Ad oggi sappiamo che il virus si comporta in modo diverso in anziani, donne e bambini. Perchè? «Per avere risposte è necessario continuare con la Ricerca – continua il professor Mantovani -. Probabilmente però:
- gli anziani sono più suscettibili al virus perché da una parte il sistema immunitario, invecchiando, risponde in modo meno efficace agli agenti patogeni, dall’altra, l’eventuale presenza di patologie croniche dell’invecchiamento, diventa un ulteriore fattore critico
- le donne sono più resistenti alla malattia forse grazie al fatto, che in alcuni contesti, hanno un sistema immunitario più efficace; un altro fattore da tenere in considerazione è che, sebbene siano in aumento, le donne fumano meno degli uomini, e questo potrebbe far pensare che abbiano polmoni più sani
- i bambini di rado si ammalano di COVID-19. Io sono tra gli scienziati che ritengono che questo possa essere dovuto al fatto che le vaccinazioni a cui sono sottoposti i bambini allenano le prime linee di difesa, la cosiddetta immunità innata che si attiva in più del 90% degli incontri con microrganismi patogeni. Siamo quindi propensi a credere che i vaccini dei bambini, come quello contro il morbillo e la tubercolosi, diano protezione non solo contro il germe specifico per il quale sono disegnati (morbillo e tubercolosi) ma attivino l’immunità innata; tuttavia non sappiamo ancora se funzioni anche contro il nuovo coronavirus SARS-CoV-2
Vaccino: tra quanto tempo potremo averne uno disponibile?
Ci sono tante informazioni che circolano sui vaccini. «Ad oggi ci sono venti strategie di sviluppo per il vaccino, e questo è importante perché ancora non conosciamo il virus e neppure le risposte immunitarie che ci proteggono – conclude il professor Mantovani. E aggiunge: – Lo sviluppo di un vaccino sicuro ed efficace richiede tempo: la prima fase, ovvero quella dell’identificazione dei bersagli molecolari è abbastanza rapida, ma quella dei test di sicurezza ed efficacia richiede tempo. Credo che il vaccino contro SARS-CoV-2 potrà essere pronto tra 18 mesi».
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