Quando il dolore perde la sua funzione di campanello d’allarme necessario per evitare un danno tissutale e diventa cronico, può diventare difficile curarlo. «Se il dolore acuto, come per esempio una colica renale, un trauma o dolore infiammatorio – dice il dott. Marco Lacerenza, neurologo esperto in terapia del dolore di Humanitas San Pio X -, viene trattato in base alla sua causa con una terapia standard a base di antinfiammatori, analgesici o spasmolitici somministrati, a seconda del caso e del tipo di dolore, per via orale, con iniezioni per via intramuscolare o endovenosa, quando il dolore è cronico, ovvero dura per più di 3 mesi, talvolta, è difficile capire l’origine del dolore stesso. Il dolore cronico, infatti, è un tipo di dolore che ha perso la sua funzione di campanello d’allarme ed è diventato, invece, una vera e propria malattia che dura nel tempo. In questi casi è fondamentale differenziare il dolore cronico nocicettivo (conseguente all’attivazione dei recettori del dolore, come accade nell’artrosi, ad esempio) dal dolore neuropatico che consegue a sofferenza del sistema nervoso somatosensoriale centrale o periferico. Su queste basi, l’esperto in terapia del dolore potrà mirare al meglio la terapia antalgica».
Diagnosi del dolore: più precisa con i potenziali evocati laser
«Sentire dolore e non saperne il perché o la causa può indurre il paziente in stati di depressione, ansia e panico che spesso sono associati al dolore cronico – continua l’esperto -. Diagnosticare il dolore, cioè comprenderne le cause, permette di mirare la terapia come nel caso del dolore neuropatico, per esempio. Il più sofisticato esame a questo riguardo si effettua con i potenziali evocati laser che studiano le fibre del dolore, ovvero fibre nervose di piccolo calibro, non valutabili con la neurofisiologia convenzionale. A differenza dei potenziali evocati somatosensoriali, l’elettromiografia e l’elettroneurografia, queste ultime usate per studiare la funzionalità del sistema nervoso periferico nelle neuropatie e disturbi che coinvolgono i muscoli come radicolopatie o miopatie, i potenziali evocati laser permettono di studiare ogni parte del corpo utilizzando uno stimolo termico ad alta intensità per analizzare e registrare la funzionalità delle vie neuronali di trasmissione del dolore. I potenziali evocati laser misurano la velocità con cui lo stimolo doloroso in periferia arriva al cervello, documentando se la via del dolore è normofunzionante o alterata e quindi possibile causa del dolore. I potenziali evocati laser non misurano il dolore, testano la funzione della via. La stimolazione avviene mediante uno stimolo laser applicato alla cute nella sede affetta dal dolore e la registrazione avviene attraverso elettrodi posizionati sulla testa, come per l’elettroencefalogramma (EEG), pertanto è un esame poco invasivo (il paziente percepisce un colore intenso/sensazione di puntura dove si applica il puntiforme stimolo laser), ma preciso ed efficace per poter supportare la diagnosi di dolore neuropatico e mirare la terapia alla causa che ha generato il dolore».
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