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Dolore articolare: indicazioni e benefici della terapia con monociti

Gomito del tennista e gomito del golfista e, in genere, il dolore articolare hanno in comune infiammazione e danno dei tessuti. Per risolvere il dolore, ridurre l’infiammazione e riparare il danno dei tessuti, in casi selezionati le più avanzate terapie rigenerative con monociti possono offrire una soluzione mininvasiva.

Approfondiamo l’argomento con il dottor Giuseppe Morriello, anestesista referente dell’Ambulatorio per la terapia del dolore e ozonoterapia di Humanitas San Pio X. 

In quali casi è indicata la terapia con monociti?

Il dolore articolare è il sintomo di un danno tissutale che può essere causato da traumi, età, overuse, usura. Qualunque sia l’articolazione colpita, dal ginocchio, spalla, gomito, anca fino alla colonna vertebrale, il dolore non curato adeguatamente può, nel tempo, portare a una grave infiammazione dei tessuti dell’articolazione e danni anche a livello della cartilagine e delle ossa dell’articolazione. In questi casi, sulla base del livello del danno tissutale e del dolore, al paziente può essere prescritta la fisioterapia o può essere candidato alla protesi. 

Tuttavia, in pazienti non candidabili all’intervento di protesi o in presenza di fattori di rischio intraoperatori che escludono la possibilità dell’intervento, in molti casi l’infiammazione, il dolore e il danno tissutale alle articolazioni possono trarre beneficio dalle infiltrazioni di monociti. I monociti rappresentano una innovativa terapia rigenerativa, ampiamente utilizzata in ambito medico, che sfrutta il potenziale di alcuni fattori di crescita presenti nel sangue. In genere, dopo la terapia, il paziente riesce a mobilizzare l’articolazione, effettuare la fisioterapia, anche in preparazione dell’eventuale intervento, e alleviare così il dolore e procrastinare l’eventuale protesi.

Quali pazienti sono candidati al trattamento con monociti?

Dal momento che la risposta al trattamento con i monociti è individuale, è importante effettuare la valutazione medica e il cosiddetto test di prova, per valutare se il paziente è candidato alla terapia. Con il test di prova il medico valuterà l’efficacia e i benefici che il paziente potrà avere dal trattamento. Il test di prova si effettua qualche giorno prima del trattamento e prevede un prelievo di sangue del paziente e una procedura di selezione dei monociti: durante il test, i monociti vengono infiltrati al paziente stesso in un punto dell’articolazione dolente. Se il test è positivo, cioè se in breve tempo il dolore si risolve di almeno il 30% (valutato con una scala del dolore), il paziente può essere messo in lista per il trattamento che, pur trattandosi di un’infiltrazione, cioè di un’iniezione intraarticolare, viene eseguito in sala operatoria sotto guida ecografica.

L’utilizzo dell’ecografo in sala operatoria permette di mirare l’infiltrazione e le cellule rigenerative in modo preciso dove serve, ottimizzando l’efficacia e la sicurezza del trattamento per il paziente. Nel trattamento del mal di schiena lombare o della sindrome radicolare lombosacrale, sulla base della valutazione dello specialista, le terapie disponibili sono diverse, dalla radiofrequenza dei gangli nervosi alla neuromodulazione e alle infiltrazioni con monociti.

In genere, il miglioramento dal dolore si ha dopo circa sette giorni, e i benefici continuano ad aumentare per mesi, durando fino a due anni dal trattamento. Subito dopo il trattamento, però, è necessario che il paziente stia a riposo per 24 ore, evitando sforzi e attività fisica. 

Esistono controindicazioni al trattamento?

La valutazione medica preliminare è necessaria per valutare la presenza di eventuali controindicazioni, come ad esempio, patologie autoimmuni attive o patologie croniche per le quali il paziente è in terapia. Anche un’età superiore a 70 anni può essere una controindicazione, ma in questi casi, prima della terapia, il medico valuta lo stato di salute generale del paziente insieme all’efficacia dell’eventuale terapia con il test di prova. 

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