Si chiama fatica da pandemia, ma alcuni la chiamano anche stress da pandemia. Il fatto è che comunque la si voglia definire, in questa seconda ondata la pandemic fatigue ha colpito oltre il 60% della popolazione europea con sintomi quali estrema stanchezza e spossatezza fisica e mentale. Ma com’è possibile che la situazione pandemica provochi sintomi anche in chi non ha contratto il virus? Quali sono le persone più sensibili? e come si affronta e si supera la fatica da pandemia? Abbiamo rivolto queste domande al professor Giampaolo Perna, responsabile del Centro dei disturbi d’ansia e di panico di Humanitas San Pio X e professore straordinario di psichiatria di Humanitas University.
Pandemic fatigue: una sorta di insofferenza alle regole
«La “pandemic fatigue”, letteralmente “fatica da pandemia” è una risposta mentale alle situazioni associate alla pandemia che stiamo vivendo e si stanno protraendo – spiega il professore -. Si potrebbe descrivere come una stanchezza che diventa insofferenza alle regole che hanno cambiato le nostre abitudini e ridotto la nostra libertà. Si fa quindi strada la voglia di libertà e autodeterminazione dei propri comportamenti, con il rischio di contravvenire alle indicazioni sociali e legislative. Questo perchè, se nella prima fase della pandemia avevamo le risorse individuali e collettive accumulate nel periodo pre-covid per rispondere allo stress causato dal timore per la salute, per le misure di limitazione della libertà, delle proprie scelte e abitudini, ora si vanno esaurendo le energie. La stanchezza fisica e mentale di dover cambiare le proprie azioni automatiche e naturali in favore di misure non spontanee ma necessarie a proteggere e proteggerci dal contagio, l’incertezza della fine della pandemia, richiedono un grande dispendio di energie. Questo contribuisce anche a demoralizzare, demotivare e aumentare il senso di fatica. Proprio così l’OMS descrive la “pandemic fatigue, come una condizione mentale di demotivazione nel seguire i comportamenti protettivi raccomandati».
Come riconoscere la pandemic fatigue?
«La fatica da pandemia non si manifesta in tutte le persone nello stesso modo e nello stesso tempo – prosegue il professor Perna -. Fattori emotivi, percettivi ed esperienze diverse condizionano l’insorgenza delle sensazioni associate alla pandemic fatigue, che implicano anche la tendenza a “normalizzare” la situazione e adattarsi a essa, con una riduzione della percezione pericolosa del virus. Sensazioni comuni alla fatica da pandemia sono:
- affaticamento mentale
- stanchezza fisica
- disturbi del sonno
- difficoltà a mantenere la concentrazione
- demotivazione
- senso di inutilità delle azioni quotidiane
- pessimismo
- appiattimento emozionale
- difficoltà a organizzare la quotidianità
- noia
- rabbia
- paura
- difficoltà a pianificare e progettare il futuro
- tendenza a rassegnarsi alla situazione pandemica.
Accanto a queste sensazioni, però, resta il senso del pericolo per l’incertezza sull’andamento della pandemia, alimentato anche da informazioni spesso contraddittorie a riguardo».
«Dobbiamo imparare a risparmiare e rigenerare le energie fisiche e mentali perchè questa fase della nostra vita richiede più le energie per correre una maratona che una corsa di 100 metri – prosegue Giampaolo Perna -. Per farlo è importante imparare a vivere il presente, con le piccole cose che possono aiutarci a resistere fino al momento in cui ripartire appena l’emergenza sarà superata. E mentre ci prepariamo, per ridurre l’impatto della pandemic fatigue e motivare le persone a resistere, l’OMS ritiene fondamentale che chi è ai vertici riconosca le difficoltà della situazione e l’impegno della gente, comprenda le fasce della popolazione più a rischio di fatica da pandemia, spieghi con trasparenza le ragioni delle restrizioni e delle scelte, coinvolgendo le persone coordinando azioni, comunicazioni e decisioni».
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