L’induzione del parto avviene quando si ricorre ad alcune particolari tecniche farmacologiche per provocare le contrazioni uterine e dare così avvio al travaglio.
Le future mamme, però, che si trovano ad affrontare un parto indotto, che magari inizialmente non era previsto, vengono assalite dall’ansia e dalla paura di provare maggior dolore.
Per fugare ogni dubbio, ci siamo rivolti alla dottoressa Sarah Moretti Montefusco, ginecologa in Humanitas San Pio X di Milano.
Il travaglio che precede un parto indotto è diverso da quello che insorge spontaneamente?
“Il travaglio che insorge da un’induzione non è diverso da quello che avviene spontaneamente”, afferma la dottoressa. E aggiunge: “Molto spesso la paziente ha un’informazione sbagliata e pensa che il travaglio indotto faccia più male rispetto a quello spontaneo. Questo non è vero. L’attività contrattile uterina durante il travaglio provoca dolore, ma questo è uguale sia che il parto insorga spontaneamente sia che avvenga con l’induzione medica”.
Quali condizioni richiede un parto indotto?
“L’unica differenza è che l’induzione richiede, ovviamente, il ricovero della partoriente in ambiente ospedaliero e che tutta quella fase di prodromi del travaglio non può essere affrontata a casa”, spiega l’esperta. La donna deve sapere che l’induzione può durare anche 72 ore ma, una volta che questa è avviata e, quindi, il travaglio di parto si svolge regolarmente, non c’è nessuna differenza rispetto al travaglio che insorge spontaneamente.
Si può fare l’epidurale nel caso di parto indotto?
“Assolutamente sì! L’anestesia epidurale si può fare anche nei travagli indotti. Anzi, spesso nell’induzione la utilizziamo proprio come strumento per far rilassare maggiormente il collo dell’utero”, conclude la dottoressa Moretti Montefusco.
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