Si manifesta entro i primi 15 giorni dal parto, in genere il terzo o quarto giorno, proprio in coincidenza con il ritorno a casa, e persiste fino a due settimane. E’ il Maternity blues o Baby blues, la condizione emotiva puerperale più comune tra le neo mamme, con stime che vanno dal 30 al 75%. «Fattori ormonali, ostetrici, psicologici e sociali – spiega la dottoressa Ylenia Barone, psichiatra del Servizio di Psicopatologia Perinatale di Humanitas San Pio X – sono tutti coinvolti nell’insorgenza di quella sindrome chiamata maternity blues che si manifesta con sbalzi d’umore, irritabilità, pianto, tristezza, ansia, scarsa concentrazione, disturbi del sonno e dell’appetito, tendenza ad isolarsi, oltre a sentirsi emotivamente distaccate dal bambino e avere scarso interesse nel prendersene cura. Infatti, il post-partum non è solo un periodo di gioia e felicità, ma è l’inizio di una nuova fase della vita per la donna: la maternità. La neo mamma può sentirsi inadeguata ad assumere il ruolo di mamma, provare vissuti di smarrimento, sentirsi non adeguatamente supportata e compresa».
Baby blues o maternity blues: perchè insorge
E’ molto comune tra le neomamme, può presentarsi fino a 7 donne su 10 subito dopo il parto, ma riconoscerla in tempo aiuta a gestirla. «L’associazione di bruschi cambiamenti ormonali che avvengono subito dopo il parto e riguardano la riduzione dei livelli di estrogeni e progesterone, insieme ad alti livelli di vulnerabilità ai disturbi affettivi – continua l’esperta – possono contribuire all’insorgenza di questa sindrome. Tra i vari fattori psicologici che possono far aumentare il rischio di insorgenza del Maternity blues sono stati evidenziati precedenti episodi di depressione, aver sofferto di depressione post-partum, soffrire di sindrome disforica premestruale (si presenta con ansia, depressione, irritabilità, rabbia o labilità affettiva, dolore muscolare, scarsa concentrazione, diminuzione degli interessi), eventi di vita stressanti durante la gravidanza, familiarità positiva per disturbi dell’umore. Anche un parto stressante o traumatico, la limitazione dell’autonomia fisica dovuta al taglio cesareo o alle conseguenze dell’episiotomia possono contribuire alle cosiddette “lacrime da latte”. Tuttavia è importante che venga riconosciuto e monitorato perché tale sindrome rappresenta un fattore di rischio per l’insorgenza della depressione post-partum che, secondo la letteratura scientifica, si associa al Maternity Blues nel 20-40% dei casi. In questi casi il Maternity Blues si manifesta in forma marcata e severa, con una netta prevalenza di umore depresso, pianto continuo e pensieri prevalentemente negativi».
Rassicurazione e supporto, importanti
Il Maternity Blues è per definizione limitato nel tempo e si risolve in pochi giorni. «Di solito non richiede un trattamento diverso dalla rassicurazione e dal supporto – afferma la dottoressa -. Quando insorge, sia la donna stessa sia i familiari sono spesso impreparati a comprenderne la sintomatologia. Per tale motivo i professionisti dell’area materno-infantile, durante la gravidanza informano e sensibilizzano la donna e il partner (o anche i familiari) della frequente insorgenza di tale disturbo nel post-partum e come eventualmente affrontarlo. Infine, la valutazione da parte di un professionista della salute mentale perinatale sull’entità del disagio è fondamentale per aiutare la neo mamma a superare il disagio, fornire una modalità di intervento adeguata e prevenire l’insorgenza di una psicopatologia come la depressione».
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