L’arrivo della primavera porta con sé anche un aumentato rischio di rinite allergica, una reazione scatenata dal contatto con allergeni presenti nell’ambiente e che si manifesta con sintomi quali lacrimazione, starnuti, prurito al naso e agli occhi e congestione delle mucose nasali.
Spesso i pazienti con questi disturbi vengono visitati da uno specialista in otorinolaringoiatria, come spiega il dottor Federico Leone, otorinolaringoiatria in Humanitas San Pio X: “Il paziente con rinite allergica si presenta innanzitutto con un’ostruzione respiratoria nasale e con altri sintomi quali secrezioni nasali, prurito e frequenti starnutazioni, eventuale iposmia (ridotta percezione degli odori). Possono poi esservi sintomi oculari come lacrimazione, prurito, occhio rosso (in questo caso si parla di oculorinite allergica o rinocongiuntivite allergica). Tali sintomi possono essere stagionali o presenti tutto l’anno in funzione dell’allergene scatenante. È importante stabilire eventuali rischi di contatto con un’accurata anamnesi (allergie note, possesso di animali domestici, stagionalità della sintomatologia, ecc); inoltre una buona percentuale di pazienti con rinite allergica soffre anche di asma allergica e viceversa.
Endoscopia nasale
Durante la visita l’otorino, nel sospetto di rinite allergica, potrà eseguire l’endoscopia nasale: un’indagine di riferimento in questo tipo di patologia. L’esame può essere eseguito con endoscopio rigido o flessibile, dura qualche minuto, non è invasivo e permette di esplorare le cavità nasali. In questo modo si osservano la conformazione anatomica, la dimensione dei turbinati che possono essere ipertrofici in caso di rinite allergica, la presenza di deviazioni settali patologiche che possono influenzare ancor più negativamente la respirazione nasale, l’aspetto della mucosa che può apparire pallida e/o atrofica, la presenza di formazioni polipoidi e/o di secrezioni nasali. Sulla base dei sintomi e di alcuni – o tutti – questi reperti obiettivi, l’otorino pone il sospetto diagnostico di rinite allergica e indirizza il paziente verso una valutazione allergologica. Dopo tale valutazione, alla luce anche dell’esito dei prick test l’otorino potrà impostare la terapia più adeguata per risolvere il problema nasale che andrà a completare l’eventuale terapia sistemica prescritta dall’allergologo/immunologo”.
Il prick test e il rast test
“Il prick test è un test allergologico che viene effettuato in ambulatorio e che viene poi completato con il dosaggio delle IgE specifiche, un esame comunemente detto rast. L’esecuzione dei prick test e dei rast consente di ottenere un preciso inquadramento diagnostico”, precisa la dottoressa Alessandra Piona, Responsabile di Medicina Generale in Humanitas San Pio X e specialista in Allergologia e Immunologia Clinica.
“Il prick test viene condotto sugli allergeni principali ovvero pollini, polveri, muffe, epiteli di animali domestici come cane e gatto e lattice, un allergene piuttosto diffuso. Si effettua per via percutanea: l’allergologo pone una goccia di allergene sulla cute dell’avambraccio e con un piccolo ago di plastica effettua un foro sulla cute attraverso la goccia, praticando una leggera pressione per pochi secondi. L’ago viene poi tolto, la goccia viene asciugata e si aspettano alcuni minuti per osservare l’eventuale reazione. Laddove questa si verifichi – e dunque la zona in corrispondenza dell’allergene risulti arrossata e gonfia – il paziente è allergico”, prosegue la specialista.
Cosa fare a seguito della diagnosi?
“L’ideale sarebbe l’allontanamento della fonte allergenica, ma non sempre questo è possibile per diversi motivi. Se si risulta allergici al pelo del proprio animale domestico, per esempio, sarebbe bene allontanarlo da casa, ma da un punto di vista emotivo/affettivo non è facile, soprattutto per i piccoli pazienti; anche se in presenza di una sensibilizzazione importante e di asma, questa resta la soluzione migliore.
In caso di allergia agli acari della polvere è consigliata una bonifica ambientale, in particolare se l’allergia colpisce i più piccoli. Sono disponibili dispositivi per letti, guanciali e materassi che limitano l’esposizione all’acaro della polvere. Consiglio anche di evitare di tenere in cameretta in esposizione peluche, bambole e libri, al fine di facilitare la pulizia e limitare la presenza degli acari”, suggerisce la dottoressa Piona.
La terapia farmacologica e l’immunoterapia
Se si è allergici ai pollini non è possibile evitarne l’esposizione e pertanto si rende necessaria la terapia farmacologica.
“Si inizia con rimedi topici, come gli spray nasali, per proseguire con i farmaci antistaminici o nei casi più gravi con cortisone somministrato per via orale.
La soluzione più efficace, soprattutto nei pazienti pediatrici, è l’immunoterapia, ovvero la somministrazione del vaccino antiallergico. Questo agisce sull’allergia in atto e previene la cosiddetta marcia allergica. Un bambino che a cinque anni è allergico alle graminacee, per esempio, facilmente nel corso dell’adolescenza manifesterà allergie agli acari della polvere, agli alimenti e magari al nichel. Il vaccino però previene questo effetto, bloccando l’iperreattività del sistema immunitario”, ha concluso la specialista.
-
2.3 milioni visite
-
+56.000 pazienti PS
-
+3.000 dipendenti
-
45.000 pazienti ricoverati
-
800 medici