Può accadere in età evolutiva nei bambini e negli adolescenti. Ai primi segni, oltre alla preoccupazione sorgono dubbi e interrogativi nei genitori. Perchè la colonna vertebrale si modifica fino a formare una curva visibile sulla radiografia? A cosa corrisponde quella protuberanza corporea chiamata “gibbo”? Che cosa fare, quali trattamenti ed esami per la diagnosi, lo spiega la dottoressa Maria Petruzzi, ortopedico della colonna vertebrale di Humanitas San Pio X.
«Si parla di scoliosi idiopatica quando non si conosce la reale causa, mentre si parla di scoliosi secondaria quando è associata ad altre patologie, come quelle muscolari o neurologiche – dice la dottoressa Maria Petruzzi, ortopedico della colonna vertebrale di Humanitas San Pio X -. Il “gibbo”, la protuberanza tipica di chi ha la scoliosi, è dovuto alla rotazione vertebrale e delle strutture circostanti sui tre piani dello spazio. Fondamentale è la diagnosi precoce, per evitare di arrivare a forme gravi che possono portare ad una cattiva qualità di vita in età adulta . Durante lo screening per la scoliosi lo specialista è in grado di evidenziare una curva anche nelle forme lievi con degli specifici test e differenziarla in quella sede da quello che in realtà potrebbe essere solo un “atteggiamento scoliotico” non evolutivo e caratteristicamente senza rotazione vertebrale».
Scoliosi e atteggiamento scoliotico: diversi anche nel trattamento
«L’atteggiamento scoliotico – prosegue l’esperta – può avere diverse cause, come una cattiva postura, un arto inferiore più corto, retrazioni tendinee, ecc. Caratteristica dell’atteggiamento scoliotico è non evolvere nel tempo e, una volta evidenziata la causa, potrebbe richiedere un periodo di rieducazione posturale. Invece, in caso di scoliosi evolutiva, oltre al monitoraggio nel tempo fino alla maturità scheletrica, il trattamento può prevedere esercizi specifici di autocorrezione ma anche l’utilizzo di corsetto specifici per la curva riscontrata e per lo specifico paziente. Nelle forme più gravi può essere necessario anche un intervento chirurgico. In ogni caso – conclude la dottoressa Petruzzi – il trattamento tiene sempre conto di diversi fattori quali l’entità e la sede della curva, la sua rigidità, l’età anagrafica e l’età ossea del paziente».
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