Fare sport fa bene alla salute, ma non sempre è salutare anche per la cartilagine delle articolazioni, specie negli sportivi. «A causa dell’incremento dell’attività sportiva sia nelle persone giovani che negli adulti di mezza età che vogliono continuare a svolgere attività fisica ad alto livello – spiega il dottor Francesco Iacono, Responsabile di chirurgia protesica e ricostruzione biologica articolare di Humanitas San Pio X – sono aumentate anche le patologie a carico della cartilagine, ovvero il tessuto di sostegno fondamentale per le articolazioni. Purtroppo, una volta danneggiata dall’overuse, la cartilagine ha un limitato potenziale rigenerativo. Inoltre, una sua alterazione provoca una degenerazione progressiva artrosica dell’articolazione colpita che causa dolore e limitazione funzionale. Quando la cartilagine si consuma o si altera il suo equilibrio in relazione all’articolazione, per il chirurgo ortopedico risulta difficile e spesso problematico ripristinare le caratteristiche strutturali della cartilagine danneggiata perché, attualmente, non esistono terapie né trattamenti chirurgici in grado di stimolare la ricrescita cartilaginea. Negli ultimi anni, però, per il trattamento dell’artrosi precoce, anche negli sportivi, sono state introdotte nuove metodiche di terapia rigenerativa che utilizzano le cellule mesenchimali (MSCs – Mesenchymal stem cells), ovvero cellule staminali adulte multipotenti in grado di replicarsi e trasformarsi in diversi tipi di cellule (ad esempio, osteoblasti, mioblasti, condrociti e tenociti). Sebbene le MSCs possano essere prelevate anche da cordone ombelicale, membrana e fluido amniotico o placenta, in ortopedia sono utilizzate le cellule prelevate con procedure mini-invasive dal midollo osseo o dal tessuto adiposo, cioè dal grasso corporeo, dello stesso paziente e, dopo una particolare procedura di trattamento, iniettate nell’articolazione danneggiata».
Come agiscono le cellule mesenchimali?
In ortopedia, le cellule staminali mesenchimali hanno dimostrato di avere molteplici proprietà:
- immunomodulatoria, ovvero sono in grado di regolare le risposte del sistema immunitario
- anti-infiammatoria
- autorigenerativa
«Inoltre – continua l’esperto – le MSCs rispondono ai cambiamenti del microambiente del danno tissutale producendo numerose molecole bioattive, quali citochine, fattori di crescita, molecole pro-angiogenesi, ovvero in grado di creare nuovi vasi sanguigni che portano nutrimento alla cartilagine, e altre proteine capaci di ristabilire l’omeostasi tissutale. Alla luce di queste conoscenze, quindi, la riduzione del dolore e la ripresa funzionale dopo il trattamento con cellule mesenchimali, verosimilmente sarebbe dovuta proprio a questa attività paracrina delle cellule mesenchimali, ovvero alla loro capacità di produrre di molecole bioattive che favoriscono la riparazione del danno tissutale, e alla capacità di differenziazione (trasformazione) delle cellule mesenchimali iniettate in cellule della cartilagine (condrociti), pur non escludendosi a vicenda i due meccanismi».
Come si prelevano le cellule mesenchimali?
L’infiltrazione prevede il prelievo e l’innesto di cellule mesenchimali dal paziente che è contemporaneamente donatore e ricevente. «Si parla quindi di uso autologo delle cellule mesenchimali – dice il dottor Iacono -. Il loro prelievo e la successiva infiltrazione avviene con un intervento, senza ricovero, in un unico tempo operatorio della durata di circa 30 minuti. Dopo l’anestesia locale, il chirurgo effettua una piccola incisione nella zona addominale e procede con la lipoaspirazione del grasso oppure sulla cresta iliaca (anca) o metafisi prossimale tibiale della gamba, e preleva tessuto midollare osseo. Il prelievo viene processato attraverso un apposito kit monouso (oggi ci sono in commercio diversi dispositivi), ottenendo una riduzione del volume del prelievo contenente un concentrato di cellule mesenchimali pronte per essere iniettate al paziente da cui sono state prelevate».
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