La stitichezza cronica è un problema prevalentemente femminile. Si stima che di stitichezza, chiamata stipsi dagli esperti, soffrano circa 8 donne su 10 specie dopo i 65 anni. È un problema che può insorgere dopo un parto o peggiorare col passare degli anni per sfiancamento o perdita di tono dei muscoli del pavimento pelvico.
La stitichezza può comparire ad ogni età, anche nei bambini, ma conviverci può creare disagio sociale e psicologico, influenzare la qualità della vita e se non curata adeguatamente nelle sue cause può diventare anche un problema per la salute urogenitale e intestinale della donna. Due esami radiografici aiutano a riconoscere la natura del problema e indirizzare la donna verso la terapia adeguata. Ne parliamo con la Dott.ssa Bibiana Bozzini, medico radiologo di Humanitas San Pio X.
Stipsi: necessario studiare il pavimento pelvico
«I muscoli del pavimento pelvico sono interessati sia nella stipsi sia nell’incontinenza fecale, ovvero nell’incapacità di trattenere le feci – spiega la radiologa -. Per valutare e studiare le strutture del pavimento pelvico che possono essere coinvolte nei disturbi della defecazione, dopo la visita dallo specialista può essere necessario eseguire un esame radiologico specifico di approfondimento. Oltre a valutare le strutture del pavimento pelvico può essere necessario studiare anche le fasi della defecazione per individuare eventuali alterazioni che compromettono lo svuotamento dell’ampolla.
La radiografia dei tempi di transito consente di dirimere se la stitichezza è dovuta a un rallentato transito o a una difficoltà di svuotamento, la colpocistodefecografia documenta le cause di un’alterata espulsione delle feci. Sulla base del problema individuato, la donna può essere così ri-indirizzata all’attenzione degli esperti del Centro pavimento pelvico per la riabilitazione del pavimento pelvico o il trattamento chirurgico, e trovare soluzione al suo problema».
Colpocistodefecografia, con particolare attenzione al benessere della donna
«La Colpocistodefecografia non è un esame doloroso, né pericoloso ma la donna potrebbe avvertire fastidio o disagio, specie perchè l’esame prende in considerazione un aspetto così intimo e talvolta considerato un “tabù” come la defecazione e la minzione – continua l’esperta -. In realtà, forse anche grazie al fatto che tutto lo staff è costituito da una OSS o un’infermiera e dal medico radiologo, in questo caso io, e quindi uno staff tutto al femminile, si viene a creare un clima di serena collaborazione e complicità che rende tutto molto semplice e naturale. L’unica preparazione richiesta alla paziente è di eseguire a casa un micro-clistere la mattina dell’esame, e poi recarsi presso il nostro servizio di radiologia dove viene accolta dalla OSS che le somministra un bicchiere di sospensione baritata da bere.
L’esame vero e proprio inizia un paio d’ore dopo, in modo che il bario abbia avuto il tempo di transitare attraverso le anse del piccolo intestino opacizzandole. Viene quindi chiesto alla donna di sdraiarsi sul lettino radiologico e dopo una disinfezione del perineo vengono opacizzate la vescica, introducendo il mezzo di contrasto iodato attraverso un sottile catetere, la vagina, introducendo una miscela baritata densa con una sottile siringa, e il retto, con una miscela semi-solida baritata, con un catetere morbido. La paziente viene quindi messa a sedere su un sedile simile a un water radiotrasparente, e le viene chiesto di fare varie azioni di contrazioni e spinte, e alla fine di defecare mentre si effettuano alcuni radiogrammi in proiezione antero-posteriore e latero-laterale».
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