Fino a qualche tempo considerata una condizione psicologica più che una malattia, oggi si inizia a parlarne di vulvodinia come malattia invalidante, poco diagnosticata e quindi ancora non ben curata. La vulvodinia, ovvero il dolore vulvare, non è una sindrome rara e soprattutto il dolore e la diagnosi tardiva arrivano a compromettere la qualità di vita anche sessuale di donne giovani. Ne parliamo con la dottoressa Raffaela Di Pace, ginecologa di Humanitas San Pio X.
Cosa si intende per vulvodinia?
«La vulvodinia è una sindrome neuropatica caratterizzata dall’infiammazione dei nervi dell’area genitale esterna femminile e pelvica dovuta alla crescita disordinata di piccole terminazioni nervose a livello vulvare – spiega la ginecologa -. Per cause diverse che vanno dalle infezioni batteriche o micotiche come la candidosi, lesioni del nervo pudendo da parto o traumi, alterazioni genetiche, traumi da rapporti sessuali, fino a interventi chirurgici, le donne affette da vulvodinia presentano un alterato processo sensoriale delle vie del dolore. Si tratta di un’iperattività di alcune cellule (i mastociti) che altera le strutture nervose, rilascia sostanze infiammatorie nel tessuto circostante, e induce un’iperattività contrattile dei muscoli del pavimento pelvico. Se in condizioni fisiologiche, l’organismo cerca di riequilibrare una situazione di iperstimolazione di queste cellule, nelle donne con vulvodinia questo non accade e lo stimolo doloroso continua».
Come si riconosce la vulvodinia?
«La vulvodinia si presenta in genere con sintomi a livello vulvare quali bruciore, irritazione, secchezza, sensazione di abrasione e tagli sulla mucosa, tensione, dolore costante nella regione vulvare – spiega la dottoressa Di Pace -. In alcuni momenti, la donna può riferire anche gonfiore di questa zona, impossibilità a rimanere seduta, cistiti ricorrenti, candidosi e dolore pelvico. Si tratta di sintomi che, ancora oggi, sono troppo spesso confusi per altre patologie o trattati come un’infezione: per questo motivo, è ancor più importante che la donna con dolore o disturbi vulvari si rivolga a ginecologi esperti di vulvodinia».
Quali sono gli esami da fare per la diagnosi di vulvodinia?
«La visita ginecologica con il test di toccamento è fondamentale per porre il sospetto diagnostico di vulvodinia. L’esame si esegue con un tocco effettuato con un cotton fioc della zona esterna della vagina, il vestibolo, che, se percepito come doloroso, indirizza lo specialista verso la diagnosi di vulvodinia. A questo punto – conclude l’esperta – l’approccio dovrà essere multidisciplinare, aspetto fondamentale della terapia che può prevedere farmaci anti neuropatici e talvolta anche sostanze naturali, e riabilitazione pelvica».
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