Cardiomiopatia ipertrofica
La cardiomiopatia ipertrofica è una condizione in cui il muscolo cardiaco diventa più spesso ed ipertrofico, in mancanza di dilatazione dei ventricoli.
Che cos’è la cardiomiopatia ipertrofica?
La cardiomiopatia ipertrofica può interessare uomini e donne in egual misura. Spesso non può neanche essere diagnosticata a causa dell’assenza di sintomi e in molti casi è possibile comunque condurre una vita normale. È possibile che si manifesti con: aritmie (che possono comportare una morte improvvisa), sintomi da ostruzione all’efflusso del sangue dal ventricolo sinistro (come vertigini e svenimenti), da scompenso cardiaco e da ischemia miocardica. Nelle cardiomiopatie ipertrofiche il ventricolo sinistro diventa meno elastico, per cui risulta avere una capacità ridotta di accogliere il sangue che proviene dai polmoni. La conseguenza è una riduzione della quantità di sangue pompata dal cuore (insufficienza cardiaca “diastolica” o “con conservata frazione di eiezione”): ciò determina i sintomi da scompenso cardiaco. È presente poi una disfunzione microvascolare che comporta ischemia miocardica, da cui possono derivare microinfarti; a ciò si possono forse attribuire i dolori al petto che spesso compaiono in questa patologia. La cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva si ha quando il setto che separa i due ventricoli diventa così spesso da ostruire l’efflusso del sangue dal ventricolo sinistro; ciò viene correlato a distorsione dell’apparato valvolare mitralico, che provoca incontinenza della valvola. In circa il 3% dei pazienti la cardiomiopatia ipertrofica si sviluppa in una forma dilatativa con scompenso cardiaco refrattario e prognosi infausta.
Da cosa può essere causata la cardiomiopatia ipertrofica?
In genere alla base della cardiomiopatia ipertrofica c’è una mutazione genetica, che comporta non solo l’ipertrofia miocardica, ma anche una disposizione anomala delle fibre muscolari cardiache.
Con quali sintomi si manifesta la cardiomiopatia ipertrofica?
Quando presenti, i sintomi della cardiomiopatia ipertrofica possono essere fiato corto, dolore al petto e svenimenti (soprattutto durante l’attività fisica o in caso di sforzi), vertigini, affaticamento e palpitazioni.
Come prevenire la cardiomiopatia ipertrofica?
Essendo una malattia ereditaria, non esistono metodi per prevenire la cardiomiopatia ipertrofica. Esiste un 50% di rischio che il figlio di un individuo affetto dal problema erediti la mutazione genetica alla sua base.
Diagnosi
Il medico può avere il sospetto della presenza di una cardiomiopatia ipertrofica se rileva un soffio al cuore nel corso di una visita medica.
Per avere ulteriore conferma della diagnosi si possono prescrivere le seguenti analisi:
Ecocardiogramma: è un test basato sull’immagine che visualizza le strutture del cuore e il funzionamento delle sue parti mobili. L’apparecchio trasmette un fascio di ultrasuoni al torace, utilizzando una sonda appoggiata sulla sua superficie, e rielabora gli ultrasuoni riflessi che tornano alla stessa sonda dopo aver interagito in modo diverso con le varie componenti della struttura cardiaca (miocardio, valvole, cavità). Rappresenta l’esame cardine: consente la valutazione dell’aumento di spessore delle pareti ventricolari e l’individuazione dell’eventuale ostruzione all’efflusso dal ventricolo sinistro provocata da un’eccesiva ipertrofia del setto interventricolare, nonché l’insufficienza mitralica che è correlata all’ostruzione; può evidenziare segni di disfunzione diastolica.
ECG: registra l’attività elettrica del cuore. Possono essere mostrate molteplici alterazioni, tra cui, in particolare, segni di ipertrofia ventricolare sinistra.
ECG dinamico secondo Holter: L’Holter è il monitoraggio prolungato nelle 24 ore dell’ECG. Può segnalare aritmie.
Cateterismo cardiaco: metodologia invasiva basata sull’introduzione di un piccolo tubo (catetere) in un vaso sanguigno; il catetere viene poi spinto fino al cuore e permette l’acquisizione di informazioni importanti sul flusso e sull’ossigenazione del sangue, e sulla pressione all’interno delle camere cardiache e delle arterie e delle vene polmonari. Viene effettuato di rado; documenta un aumento delle pressioni di riempimento del ventricolo sinistro, diretta conseguenza della sua ridotta elasticità, e può segnalare, nelle forme più avanzate, ipertensione polmonare.
Risonanza magnetica (RM) cardiaca con mezzo di contrasto: vengono prodotte immagini dettagliate della struttura del cuore e dei vasi sanguigni tramite la registrazione di un segnale emesso dalle cellule sottoposte ad un intenso campo magnetico. Consente la valutazione accurata dell’aumento di spessore delle pareti ventricolari e l’identificazione delle cicatrici (aree di “fibrosi”), conseguenza dei microinfarti.
Indagini genetiche: si effettuano analizzando il DNA dei globuli bianchi che sono presenti in un campione di sangue ottenuto tramite un normale prelievo venoso. Si può effettuare la ricerca delle mutazioni genetiche associate allo sviluppo di cardiomiopatia ipertrofica; nel caso venga identificata una mutazione correlata allo sviluppo di cardiomiopatia ipertrofica, sarà poi possibile studiare i familiari “sani”: potranno essere rassicurati sul fatto che non svilupperanno la patologia gli individui per cui la ricerca della mutazione risulterà negativa.
Trattamenti
Il trattamento della cardiomiopatia ipertrofica ha come obiettivi il miglioramento dei sintomi e, nei pazienti ad alto rischio, la prevenzione della morte cardiaca improvvisa.
I possibili approcci terapeutici includono:
L’assunzione di farmaci che migliorano il “rilassamento” del muscolo cardiaco e rallentano i battiti, come i beta-bloccanti, i calcio-antagonisti e alcuni antiaritmici.
L’intervento chirurgico per eliminare l’ostruzione all’efflusso del sangue dal ventricolo sinistro determinato dall’ispessimento del setto che separa i due ventricoli.
L’alcolizzazione del setto interventricolare per eliminare l’ostruzione all’efflusso del sangue dal ventricolo sinistro determinato dall’ispessimento del setto nei casi in cui non sia possibile l’intervento chirurgico; questa procedura prevede l’iniezione di alcool in un ramo delle coronarie che irrora la porzione di setto responsabile dell’ostruzione.
L’impianto di un defibrillatore automatico (ICD) nei pazienti ad alto rischio di morte cardiaca improvvisa.
In presenza di sintomi di scompenso cardiaco: diuretici, anti-aldosteronici.
In caso di scompenso cardiaco refrattario: trapianto cardiaco.