Cos’è la diagnostica prenatale?
La diagnostica prenatale prevede esami diagnostici che permettono di valutare l’assetto cromosomico del feto. Il feto è già in parte formato negli organi, tra la nona e l’undicesima settimana di gestazione.
Il percorso di diagnostica prenatale è cambiato rispetto al passato, grazie all’introduzione di esami non invasivi, che hanno aumentato la loro capacità predittiva di alcune patologie cromosomiche fetali. Tuttavia, in caso sia necessario approfondire la diagnosi, alla diagnostica prenatale non invasiva si possono associare gli esami di diagnostica prenatale invasiva, a seconda di sospette patologie studiate con approccio multidisciplinare con genetista e specialisti di vari settori.
Diagnostica prenatale non invasiva
Gli esami di diagnosi prenatale o test di screening prenatale, sono esami eseguiti durante il primo o il secondo trimestre di gravidanza, e servono a calcolare un rischio di anomalia cromosomica in gravidanza ma non danno la diagnosi di certezza. I test di screening prenatale non servono a valutare le probabilità che il feto sviluppi malattie genetiche o malformazioni presenti in famiglia, e che potrebbero essere trasmesse al nascituro. È molto importante prima di effettuare un test di screening effettuare un’accurata ecografia con l’attenzione particolare alla translucenza nucale.
Diagnostica prenatale invasiva
Qualora gli esami di diagnosi prenatale non invasiva diano un rischio aumentato di patologia cromosomica, il ginecologo/genetista spiegheranno alla coppia la possibilità di potersi sottoporre a indagini di diagnostica invasiva (villocentesi o amniocentesi o altri esami), per avere una diagnosi di certezza di anomalia ottenuta con test non invasivi.
Quali sono e a cosa servono gli esami di diagnosi prenatale?
Prima di affrontare una gravidanza, sarebbe utile informarsi su quali siano gli esami preconcezionali (counseling preconcezionale) per una procreazione consapevole e responsabile o per calcolare il rischio qualora in famiglia ci siano patologie congenite come ad esempio, cardiopatie. Questo è bene farlo con il genetista e ginecologo.
Diagnostica prenatale non invasiva
- Bi-test o translucenza nucale (NT): per questo test viene eseguita un ecografia tra l’11a e la 14a settimana di gestazione, misurando la lunghezza del feto o CRL, la translucenza nucale NT e altri soft markers come l’osso nasale, il dotto venoso e il rigurgito della tricuspide. Viene poi fatto un prelievo di sangue venoso materno per dosare i livelli di PAPP-A e free beta hCG. Lo scopo del Bi Test è valutare il rischio per le principali trisomie (21,18,13). La translucenza nucale spessa, in alcuni casi, è predittiva di cardiopatie e sindromi che si sviluppano successivamente. Il rischio di falsi positivi con il Bi-test è di circa il 5%.
- Test del DNA fetale o NIPT: effettuato dall’11a settimana di gestazione, analizza il DNA libero circolante nel sangue della madre. E’ bene sempre associare un’ecografia ostetrica a tale test. Lo scopo del DNA test è stimare il rischio di patologie cromosomiche (aneuploidie). Il test del DNA ha una sensibilità del 99% per la trisomia 21 (sindrome di Down), del 97% per la trisomia 18 e 13; minor accuratezza per anomalie di numero dei cromosomi sessuali. Il test del DNA è un test di screening quindi non è diagnostico.
Diagnostica prenatale invasiva
Primo trimestre
- Villocentesi: è una procedura di diagnostica prenatale invasiva utilizzata per ottenere e analizzare l’intero corredo cromosomico del feto (cariotipo fetale), dall’analisi dei villi coriali placentari prelevati con un ago. La villocentesi, che si esegue tra l’11a e la 13a settimana di gestazione, serve a confermare o escludere le anomalie di numero e di struttura di tutti i 46 cromosomi fetali. Può essere effettuata per alcune malattie genetiche ereditarie, e su valutazione dello specialista, mediante l’analisi molecolare del DNA estratto dai villi coriali è possibile stabilire se il feto è affetto o portatore della malattia presente nella famiglia del nascituro.
Secondo trimestre
- Amniocentesi: può essere effettua tra la 15a e la 17a settimana di gestazione, per escludere anomalie cromosomiche di numero e di struttura, come nel caso della villocentesi, attraverso l’analisi delle cellule fetali nel liquido amniotico in cui è immerso il feto; inoltre, con il dosaggio dell’alfa-fetoproteina (AFP), valuta il rischio di alcune malformazioni fetali.
Per entrambe le procedure invasive il rischio di abortività è di circa 1%. Raro è il caso di sepsi materna.